di Gianni Paris
Adattamento e Regia: Daniele Salvo
Con: Andrea Avanzi, Leonardo Bianconi, Andrea Carpiceci, Fabrizio Croci, Riccardo Parravicini
Progettazione scenografie: Francesca Tagliavini
Realizzazione scenografie: Cristiano Boldrin
Light designer: Giancarlo Vannetti
Costumi: Francesca Tagliavini
Assistenti alla regia: Chiara Baccarini, Valentina Donatti
Tecnico luci: Riccardo Carbone
Registrazioni a cura di: Daniele Bengi Benati
Con la collaborazione di: Youssef Salmi, Elisa Lolli
Produzione: Noveteatro – Centro Teatrale Novellara
Presentazione.
“Mare nero” non è uno spettacolo ordinario. In questo lavoro non ci sono “personaggi”, non ci sono “invenzioni teatrali”, non si “rappresenta” nulla.
Si tratta invece di una testimonianza, di una realtà fatta di carne e sangue, di volti, di storie, di sguardi, di persone. Ogni giorno ascoltiamo notizie di naufragi davanti alle coste della Libia o davanti alle nostre coste, vicino a Lampedusa, stupiti, increduli, ma ormai irrimediabilmente assuefatti, anestetizzati di fronte agli schermi televisivi dei nostri salotti. Uomini, donne, bambini, abbandonati a se stessi, salvati o lasciati a morire nelle acque del Mediterraneo.
In “Mare nero” si affronta un “viaggio della speranza”, su una “carretta del mare”: un gruppo di uomini, donne e bambini africani, investe gli ultimi risparmi e li affida nelle mani di altri disperati senza scrupoli che li caricano su una barca totalmente inadeguata, verso il sogno di una nuova vita. Un sogno pagato a caro prezzo.
Note di regia.
“Mare nero” non è uno spettacolo ordinario. In questo lavoro non ci sono personaggi”, non ci sono “invenzioni teatrali”, non si “rappresenta” nulla. Si tratta invece di una testimonianza, di una realtà fatta di carne e sangue, di volti, di storie, di sguardi, di persone. Ogni giorno ascoltiamo notizie di naufragi davanti alle coste della Libia o davanti alle nostre coste, vicino a Lampedusa, stupiti, increduli, ma ormai irrimediabilmente assuefatti, anestetizzati di fronte agli schermi televisivi dei nostri salotti. Uomini, donne, bambini, abbandonati a se stessi, salvati o lasciati a morire nelle acque del Mediterraneo. Questi eventi tragici vengono quotidianamente trasformati in partite politiche, esibiti e strumentalizzati da questo o quell’imbonitore di turno. Sono notizie da due minuti, ma danno fastidio, “disturbano” i pranzi e le cene degli italiani, insinuano un dubbio nella moralità della civile Europa.
In “Mare nero” si affronta un “viaggio della speranza”, su una “carretta del mare”: un gruppo di uomini, donne e bambini africani, investe gli ultimi risparmi e li affida nelle mani di altri disperati senza scrupoli che li caricano su una barca totalmente inadeguata, verso il sogno di una nuova vita. Un sogno pagato a caro prezzo.
Badate bene però, questa volta non vogliamo parlare di politica, di missioni di soccorso più o meno lecite, di accoglienza, di questioni morali o di opportunità, ma semplicemente e unicamente di esseri umani. Cosa succede veramente a queste persone, cosa spinge queste persone ad affrontare un’esperienza del genere, cosa sognano, di cosa hanno paura. Gli uomini su quelle barche non sono diversi da noi. Come noi sognano, come noi ricordano, come noi amano, come noi piangono, come noi hanno famiglie, fratelli o sorelle lasciati nei loro luoghi di origine, madri abbandonati all’indigenza, figli che aspettano notizie, speranze di una vita migliore. In questo testo sconvolgente, visionario e non retorico Gianni Paris, tenta di toccare l’interiorità di questi uomini abbandonati a sé stessi. Il loro candore, la loro ingenuità, le loro aspettative affiorano in una realtà quasi surreale. Il viaggio verso le coste italiane diviene un viaggio mentale, onirico, una tragedia moderna, un confronto serrato con i fantasmi di ognuno di noi. Le paure prendono corpo, le loro visioni diventano visibili nel riverbero della luce abbagliante del sole, il mare diviene uno specchio, un deserto colmo di miraggi, nostalgie, apparizioni. Forse ci sono altri uomini che aspettano sul filo dell’orizzonte, ci sono speranze per una nuova vita, lontana da guerre, torture, fame e violenze. Ci sono gli italiani. Ci sono compagni che tenderanno la mano. O forse no. Forse sul filo dell’orizzonte non c’è più nessuno, si sono stancati di attendere. Forse non c’è una nuova vita. E’ troppo tardi. Non è più possibile. Forse l’umanità è stata cancellata. Forse quegli uomini sono cambiati. Forse sono diversi. E tutto sarà vano.
Daniele Salvo